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Circa l'Istituto Storia dell'Ateismo

Sommario:

  • Pontificio consiglio della Cultura
  • La Prefazione alla II Edizione (Cornelio Fabro)
  • Una breve presentazione del libro Introduzione all'Ateismo moderno (Rosa Goglia asc.)

Non credenza ed indifferentismo religioso

Dal 11 al 13 marzo si sono riuniti nel Vaticano i Membri e gli Officiali del Pontificio Consiglio della Cultura per l'Assemblea Plenaria sul tema: "La fede cristiana all'alba del III Millennio e la sfida della non credenza e dell'indifferenza religiosa".

Il Santo Padre Giovanni Paolo II ha detto ai partecipanti: "Voi ridisegnate una nuova geografia della non credenza e dell'indifferentismo religioso nel mondo constatando la rottura del processo di trasmissione della fede e dei valori cristiani. Nel contempo, si nota la ricerca di significato dei nostri contemporanei, in particolare nei nuovi movimenti religiosi molto presenti in America del Sud, in Africa ed in Asia: desiderio di ogni uomo di percepire il senso profondo della propria esistenza".

Il Santo Padre ha continuato il suo discorso affermando: "Al di là della crisi delle civiltà, dei relativismi filosofici e morali, è compito dei pastori e dei fedeli esaminare ed individuare gli interrogativi e le aspirazioni essenziali degli uomini del nostro tempo, per dialogare con le persone ed i popoli, e per proporre (…) il messaggio evangelico e la persona del Cristo Redentore. Le espressioni culturali ed artistiche non mancano di ricchezza né di risorse per trasmettere il messaggio cristiano. Esse tuttavia richiedono di essere conosciute per essere trasmesse, lette e comprese".

Il Santo Padre ha proposto "un nuovo slancio nel campo intellettuale" di fronte alla diffusione delle ideologie nei diversi ambiti della società. "É attraverso la formazione filosofica e catechetica che i giovani sapranno discernere la verità. Un approccio razionale serio costituisce una salvaguardia contro tutto ciò che si riferisca alle ideologie, e stimola ad andare sempre più in profondità, perché la filosofia e la ragione si aprano a Cristo".

“Un nuovo slancio nel campo intellettuale … attraverso la formazione filosofica”. Chi non sa gli sforzi e gli anni che p. Fabro ha dedicato allo studio dell’ateismo, alla scoperta della radice filosofica dell’ateismo moderno, al confronto con tutte le filosofie moderne per trovare in loro, pure in mezzo a tanti sbagli, quel desiderio e quella necessità dell’Assoluto che ci consenta di cominciare un dialogo con l’uomo di oggi.

Ne dànno prova la fondazione, nel 1959, del Primo Istituto in Europa di “Storia dell’Ateismo”, presso la Pontificia Università Urbaniana, e il suo libro, non superato e forse insuperabile, pubblicato nel 1964: “Introduzione all’ateismo moderno”

Chi abbia letto Introduzione all’ateismo moderno ricorderà, soltanto nelle parole della introduzione, tante espressioni come:

“Non è facile dare un giudizio del proprio tempo…”

“Non è facile dissipare le confusioni e le inesattezze che gravano nella cultura contemporanea sul concetto di ateismo…”

“Crediamo che in tutta questa ardua materia (le tappe di sviluppo dell’ateismo moderno) tocca muoversi con estrema cautela…”

“Quanto la nozione nominale dell’ateismo è chiara, altrettanto invece è difficile determinare l’essenza, ossia indicare il contenuto e la struttura dell’ateismo…”

“Sul piano della fenomenologia religiosa e della teologia, sorge qui un nuovo problema. Ammessa la possibilità reale dell’ateismo speculativo e l’esistenza di atei teoretici, si dovrebbe anche ammettere che costoro sono tali, cioè atei, in buona fede…”

“Si deve ammettere che la nozione di ateismo, come quella di teismo, si presenta in forma estremamente dialettica che deve mettere in guardi da ogni tentativo di facile semplificazione”.

E Fabro non è un filosofo o teologo delle semplificazioni, del riduzionismo, nemmeno della ricetta facile o del pessimismo paralizzante:

“E nessun tempo come il nostro, che ha dato fondo a tutte le illusorie e vane parvenze della temporalità può essere più vicino alla speranza essenziale e additare alla filosofia la sua missione originaria di tornare ad essere guida a saggezza e conforto nella lotta per la fondazione della libertà” (Prefazione)

 

Prefazione

Nello sviluppo del pensiero moderno, l’avventura della libertà ha percorso ormai l’intero arco delle sue contrastanti possibilità: non a caso perciò l’oblio dell’essere, proclamato dal cogito, ha portato, per cadenza inarrestabile, alla perdita dell’Assoluto e ora l’uomo erra ra­mingo nel mondo che ne definisce i limiti e il suo pericolo mortale. Oggi la scienza, per la prima volta nella storia dell’umanità, è riuscita a scandagliare le forze abissali del cosmo e già si appresta a imbrigliarle per violare gli eterni silenzi degli spazi infiniti. Eppure, mai come oggi, l’uomo ha sentito l’incombente minaccia della scomparsa totale della sua civiltà e della stessa distruzione del genere umano: infatti il tra­guardo che ha dato all’uomo moderno il dominio delle forze dell’uni­verso, l’ha accostato al nulla che può sprigionarsi ad ogni momento da una volontà che più non conosce fondamento e vincolo di verità. Ed il pensiero contemporaneo allora, che ha fatto del nulla il fondamento dell’essere, ha saldato il cerchio della coscienza in se stessa.

Così per l’emergere di questo nulla attivo al centro della coscienza, non solo la filosofia si è fatta deserta del Dio vivo, ma anche la lette­ratura, l’arte, la politica e l’intero complesso delle scienze dello spirito in generale hanno bandito dalla loro prospettiva l’Iddio vero che ha sostenuto nei secoli i fondatori della civiltà e i difensori della libertà, come il Padre degli uomini e l’unico desiato rifugio nel dubbio e nel dolore.

Scopo di queste scarne note è di chiarire anzitutto l’itinerario essenziale del nulla scavato dal cogito che ha portato l’uomo alla dispe­razione radicale, scaturita dall’esito immanente al principio – in pieno contrasto col suo proposito di libertà rinnovato ad ogni tappa – che l’uomo non può salvare l’uomo, per autenticare una non più elusiva invocazione di salvezza. Non quindi una storia del pensiero – troppe sono le lacune e troppo intensificata è la prospettiva – ma piuttosto un’analisi in diagonale dell’istanza ultima della libertà dalle viscere dell’aspirazione suprema a svincolarsi dalla tirannia del finito a cui l’ha condannata la coerenza del principio. Perciò si è preferito insistere, con una meditazione diretta dei testi ed una fedeltà continua all’idea, sul medesimo nucleo teoretico ch’è ricomposto e ripreso di volta in volta nell’articolarsi multiforme della sua avventura speculativa.

L’appassionante itinerario del pensiero moderno, che non ha pari nella storia dello spirito umano, vuol essere qui còlto e interpretato nel suo momento nascente: ciò che direttamente c’interessa non è solo il problema di Dio e neppure quello dell’uomo o del mondo, né quello del conoscere e dell’essere o dell’Uno o dei molti..., ma il momento d’incandescenza della loro crisi. È quel punto del sorgere del vuoto e dell’aspirazione, è il momento cioè dell’attesa, ossia il giudizio che il pensiero ha fatto di se stesso per autenticare una realtà di presenza che più non deluda. E nessun tempo come il nostro, che ha dato fondo a tutte le illusorie e vane parvenze della temporalità, può essere più vicino alla speranza essenziale e additare alla filosofia la sua missione originaria di tornare ad essere guida a saggezza e conforto nella lotta per la fondazione della libertà.

Per questo, all’esposizione lineare o alla facile polemica e alla scon­tata apologetica, abbiamo preferito ritrovare e misurarci unicamente con i principi, poiché è da essi soltanto che può scaturire la posizione dell’uomo nel mondo e il senso ultimo del suo essere e del suo destino: che è ciò che soprattutto e anzitutto c’interessa, per sapere donde egli venga con la sua nascita e dove vada con la sua morte.

Cornelio Fabro

 

Presentazione del libro

Questo lavoro può ben considerarsi, come è stato detto in più occasioni, un’enciclopedia dell’ateismo, una storia speculativa della filosofia che va al fondo dei problemi e del dialogo con in pensatori, unendo alla capacità di penetrazione del pensiero, forse perciò stesso, il rispetto dell’avversario. Qui particolarmente, Fabro si rivela anche un abile regista: come su di un proscenio d’anfiteatro culturale si avvicendano, ad uno ad uno, tutti i filosofi antichi, ma soprattutto moderni, chiamati a rispondere circa le loro indagini radicali sui massimi problemi –per un’accettazione o un rifiuto – della trascendenza: una perquisizione nei loro archivi intellettuali (a volte quasi un test intellettivo) e culturali…perfino nei loro carteggi e annotazioni; un lavoro colossale che rivela un eccezionale vigore metafisico. Fabro sa dialogare col suo tempo, si misura con Heidegger e mai cede ad uno storicismo descrittivo e/o risucchiante. L’incontro puntuale con i pensatori moderni e contemporanei ha fatto si che quest’opera sia stata molto ricercata, divenendo “la più saccheggiata da amici e soprattutto da nemici”, soleva dire Fabro, riferendosi specialmente ad alcuni recensori.

E la conclusione di tanta indagine non può che reintrodurre: “Restano e devono perciò rimanere valide le istanze poste nell’Introduzione: anzitutto, l’istanza di dissociare la coerenza teoretica dei principi dal proposito soggettivo dei singoli pensatori: quella appartiene alla ragione che prende sempre maggiore consapevolezza della forza risolvente-dissolvente del suo principio-inizio, e questo dipende dalla situazione esistenziale che si dilegua se appartiene al soggetto empirico come tale (Cartesio, Kant…) e non al principio stesso. Poi, l’istanza di riferirsi ad un Dio che sia Dio a tutti gli effetti della sua qualità metafisica: ossia non solo libero ma Persona e Provvidenza. Certo si richiede molto l’ammetto; ma non c’è altro modo per evitare di farlo ‘cadere’ o nel monto o nell’uomo e perciò di rovinare il destino di tutti e tre” (p. 1097).

Nel vario articolarsi del pensiero moderno “la finitezza diventa la struttura trascendentale della coscienza stessa in modo ch’essa in tanto la solleva dal nulla in quanto la deve riportare ogni volta in questo stesso nulla. Ed è in questa finitezza dell’orizzonte umano posto al fondamento dell’apparire e del darsi e farsi dell’essere, che consiste l’ateismo essenziale ossia costitutivo del pensiero moderno così che la sua qualifica di umanesimo è sinonimo di ateismo (corsivo mio) e questo ateismo non ha più il senso di opposizione a Dio o di polemica contro Dio di antiteismo, ma di assenza a carenza intenzionale radicale della ‘fuga di Dio’ dall’uomo” (p. 1097). In questo confronto dinamico pensiero-essere, siamo pervenuti al vertice della libertà e della persona; “Ma il problema dell’ateismo, conclude Fabro, non è affatto semplice. Esso s’incunea nel groviglio più arduo della vita e del pensiero, perché la sua risposta deve concentrare in sé la più alta esigenza speculativa della verità e intensificare insieme l’impegno estremo della persona come nucleo di libertà e rischio di responsabilità” (p. 1100).

Rosa Goglia, asc.

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