Tre mi sembrano le direzioni fondamentali di una ricerca, certamente modesta […], alla quale ho cercato di rimanere fedele nell’arco di quasi mezzo secolo: 1° l’approfondimento della nozione metafisica di partecipazione; 2° La determinazione dell’essenza metafisica del principio moderno d’immanenza come «ateismo radicale»; e 3° Il recupero del realismo classico-cristiano nell’esistenzialismo metafisico di Kierkegaard contro l’antropologismo ateo dell’immanenza moderna.
Ognuna di queste direzioni, è bene rilevarlo subito, s’impegna sul punto cruciale della riflessione speculativa, quella propriamente di un conflitto o momento di crisi fra due concezioni che si presentano opposte ed in tensione verso un’istanza radicale: è possibile convergere verso questa tensione movendo dall’esigenza di verità che anima la tensione stessa?
Sia ben chiaro, fin dal principio di questi appunti, che l’obiettivo della ricerca non è stato, né voleva essere il «superamento» degli opposti e tanto meno il «progetto» di un terzo sistema ossia un cambio di guardia al santuario della verità: ma essenzialmente, e di proposito, soltanto un avvicinamento nel senso etimologico del termine. Così la verità è espressa come «partecipazione», ch’è il senso manifesto e recondito da cui parte ed in cui si consuma quell’approssimazione: pertanto un atto responsabile che esige una scelta ed implica perciò un rischio in cui colui che cerca ossia ognuno – perché il filosofo deve pensare non solo per sé ma per tutti – mette all’ultima prova il senso e l’esito del suo essere (Cornelio Fabro, 10 giugno 1980).
C. Fabro, Appunti di un itinerario, EDIVI, Segni 2011, pp. 127-128.